La Collegiata San Fiorenzo
La Chiesa Collegiata San Fiorenzo
Nella piazza dove oggi si trova la Chiesa di San Fiorenzo, sin dalla fine del IV secolo esisteva un tempietto dedicato a San Bonifacio martirizzato a Tarso di Cilicia. Nell’altomedioevo (VIII sec.) veniva costruito un monastero abitato da monaci con chiesa annessa definita prima oratorio e poi e divenuta “pieve” con arciprete e Capitolo dall’XI secolo. All’inizio del IX secolo i fiorenzuolani, forse rinnovandola, dedicano la chiesa a San Fiorenzo, parte delle cui reliquie verranno traslate da Orange a Fiorenzuola nel 1057.
Nel secolo X all’antico monastero subentra la parrocchia. Il titolo di chiesa “Collegiata” deriva da un rogito del 1066 che si riferisce al Capitolo, cioè ad una comunità (= Collegio) di canonici officianti nella chiesa. Nel 1659 è dichiarata “insigne”, cioè molto importante: le chiese collegiali sono di poco inferiori alle cattedrali e la collegialità può essere conferita solo dal Papa a chiese di città o paesi molto importanti e con popolazione numerosa.
L’attuale chiesa venne cominciata nel 1300 con il contributo del clero e delle corporazioni artigiane. Il disegno del tempio era troppo grandioso rispetto alle disponibilità finanziarie, perciò l’edificio fu limitato al santuario, alla navata centrale e a una parte della navata sinistra. In una pergamena del 1303 si legge che il 24 novembre di quell’anno il Vescovo di Piacenza Ugo da Pillori inaugurò la chiesa e l’altare dedicati a San Fiorenzo: purtroppo i lavori furono sospesi nel 1305. Un’altra pergamena del 1479 ci dice che il Vescovo di Piacenza Fabrizio Marliani accordava le indulgenze a tutti coloro che facevano offerte per il compimento della chiesa. Il 27 luglio 1485 lo stesso Vescovo benedisse il compimento del tempio (sul fianco nord della Chiesa è visibile, scolpita su un mattone un’epigrafe a memoria del fatto). La sua consacrazione il 15 ottobre 1525 dal Vescovo Pietro Ricorda.
Verso la fine del secolo XVII furono compiute diverse modifiche: apertura di cappelle laterali, cambiamenti nella facciata, spostamenti nelle parti laterali. Il barocco è largamente profuso nelle cappelle, lungo le navate della chiesa e nello stesso santuario. Sono state alterate quasi tutte le finestre e l’ubicazione dell’organo non è stata delle più felici, perché ha cancellato gran parte di un ciclo pittorico dedicato alla Madonna, di cui oggi restano solo tracce.
La struttura del fabbricato, in mattoni a vista, nell’insieme risente dell’influenza del Romanico e del Gotico lombardo: il grandioso fronte esterno tripartito, in alto al centro ostenta un rosone con cornice marmorea; il portale maggiore di San Fiorenzo è a tutto sesto con decorazioni in cotto (datato 1793) installato per sostituire quello originale, mentre le due porte laterali sono sormontate da stretti finestroni di origine quattrocentesca; verso via Maculani si apre una bella apertura cinquecentesca detta “Porta coeli”, porta del Cielo (che è un frammento della ben più lunga frase biblica riferita al sogno di Giacobbe “Terribilis est locus iste! Hic domus Dei est et Porta Coeli”; “Terribile è codesto luogo! Qui c’è la casa di Dio e la Porta del Cielo”).
I pinnacoli che svettano al di sopra dei salienti sono dei rifacimenti, qui collocati nel 1933. Le cornici esterne in terracotta sono cinquecentesche.
L’interno, presenta un ambiente molto suggestivo e luminoso, è a tre navate suddivise da grosse colonne cilindriche in laterizio, che dividono lo spazio sacro in cinque campate coperte da volte a crociera (più elevate nella navata centrale), rettangolari le laterali e quadrate le centrali.
Prezioso è l’altare maggiore barocco eretto nel 1740 su disegno del pittore piacentino Giampaolo Panini.
L’abside, il presbiterio ed alcuni pilastri sono ornati da interessanti cicli di affreschi di artisti lombardi, datati tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500.
Da ammirare la cappella del Santissimo Sacramento, maestosa costruzione barocca eretta nel sec. XVII dalla Confraternità del Gonfalone, tutta dedicata ad illustrare l’Eucaristia nello spirito della Controriforma. Come anche la grandiosa ancona lignea di Guglielmo da Forli del 1512 con la tela del 1741 di Marco Benefial che rappresenta il miracolo di San Fiorenzo.
L’abside, il presbiterio ed alcuni pilastri sono ornati da interessanti cicli di affreschi di artisti lombardi, datati tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500. Altri affreschi cinquecenteschi li troviamo nella Cappella del SS. Sacramento, lungo la navata di destra. Edificata nel 1656 dalla Confraternita del Gonfalone, questa cappella è decorata con pregevoli stucchi del cremonese Giacomo Mercoli.
Nel 1842-43 fu condotta a termine la costruzione della cripta secondo il disegno del piacentino ing. Perreau: l’altare centrale, in marmo bianco di Carrara, è dedicato a San Bonifacio, primo titolare della chiesa.
Convento di San Francesco
Esemplarità dei Francescani che mettono in primo piano la continuità Pastorale
A Buon Punto la Trattativa per la Donazione di Chiesa e Convento di San Francesco alla Parrocchia
Sono ormai passati quattro anni da quando Padre Bruno Bertolini, Provinciale dei Frati Minori, ci comunicava ufficialmente il ritiro da Fiorenzuola, ritiro che veniva con gratitudine e con preoccupazione celebrato con la Messa in San Francesco domenica 13 ottobre 2013. La parrocchia prese in consegna la chiesa ed il compito di tenerla aperta per le visite quotidiane e la messa festiva. Un generoso gruppo di volontari garantiva l’animazione della preghiera quotidiana, il servizio di sacrestia, di pulizia, dei fiori, di apertura e di chiusura, delle offerte. Gli stessi Frati Minori di Santa Maria di Campagna a Piacenza ci garantirono ancora la pendolarità di presenza il giovedì mattino ed il sabato pomeriggio, sia per le confessioni sia per la Messa. E cosi in questi quattro anni la chiesa ha potuto continuare molto bene l’utilizzo pastorale e, mediante essa, ancora un collaborativo legame con i padri. Restava però da risolvere il problema della proprietà giuridica di chiesa e convento, quest’ultimo continuava a rimanere chiuso e vuoto con tutti i pericoli del degrado. Nel frattempo i Frati Minori procedevano alla riorganizzazione della loro presenza nell’Italia del Nord unificandosi in un’unica provincia con nuova sede a Milano, cambiamento preceduto ed accompagnato dalla chiusura di tanti altri conventi (in diocesi la chiusura era già avvenuta a Cortemaggiore e a Borgonovo).
Per arrivare ad una conclusione in questi quattro anni molti sono stati, tra parrocchia e provincia, i colloqui, gli incontri e le lettere. La spinta veniva anche dalle richieste di associazioni per l’uso dei locali del convento. Il nostro Vescovo con sua lettera del 28 aprile 2016 aveva già autorizzata ed incoraggiata la nostra parrocchia a procedere allo scopo di arrivare al passaggio di proprietà di chiesa e convento. L’accordo verbale tra il nostro parroco Mons. Giuseppe Illica, quale rappresentante della parrocchia di S. Fiorenzo, e Frate Marco, nella qualità di delegato della Provincia dei frati Minori, è infine stato raggiunto. Tutto è ora subordinato alle approvazioni superiori che sembrano certe. La nostra parrocchia ha già avuto l’approvazione del Consiglio Pastorale Parrocchiale e del Consiglio per gli Affari Economici.
La storia del Convento e della Chiesa
Nell’anno 1485 alcuni frati francescani, provenienti dal Convento di Monte Oliveto di Castell’Arquato, vennero mandati a Fiorenzuola, e si stabilirono in una piccola casa ospizio. Nel 1493 acquistano il vicino terreno per edificare un oratorio, la cui costruzione di fatto comincia solo nel 1519, è l’inizio della chiesa attuale. Il superamento dell’ospizio e la costruzione di un regolare convento comincia nel 1632 su un ampliamento di area (coincideva con l’attuale quadrato compreso tra via Liberazione, Via Giovanni da Fiorenzuola, Via Gioia e Via Moruzzi) con chiostro e grande orto. Durante la guerra di successione convento e chiesa vengono usati come caserma, i cui danni vengono riparati nel 1748. Nel 1805 per decreto napoleonico i frati vengono sfrattati e sequestrati gli immobili. Nel 1810 per asta pubblica convento e chiesa vengono acquistati da Don Sante Donnino Lucca che li lascia al fratello Luigi Lucca. Ritornano i frati nel 1818 su petizione dei fiorenzuolani a Maria Luigia. Nel 1884 ancora espulsione e sequestro. Nel 1898 per volontà di Salvatore Lucca viene restaurata la Chiesa e costruita l’attuale casa/convento per l’abitazione di 12 frati. Già prima Luigi Lucca aveva ceduto parte dell’orto per la costruzione delle case operaie e per l’accoglienza dell’Asilo. Ritornano i frati nel 1903 e risiedono nell’attuale ridotto convento.
Il Convento, dopo i lavori di adeguamento dei locali, è ora sede dell’Associazione Famigliari Disabili (AFADI), degli Scout (AGESCI) e della Libera Università della Terza Età (LUTE).
La Chiesa della Vergine di Caravaggio
Un pregevole oratorio del settecento per devozione e protezione
Le pandemie mobilitano precauzioni e paure, mobilitano gli operatori sanitari, e si riempiono le farmacie, si auspica il vaccino. Cresce anche la devozione interessata che conta sulla preghiera e sulla protezione divina. In particolare il ricorso alla Madonna, alla madre.
Dopo la terribile peste del 1628 (1400 morti a Fiorenzuola, metà popolazione) e dopo l’epidemia epizootica che aveva colpito il bestiame nel 1713 il popolo di Fiorenzuola interpretato dalla Confraternita degli Agonizzanti accompagnò e promosse, quasi come un voto, la costruzione di una chiesa dedicata alla Vergine di Caravaggio con riferimento all’apparizione del 25 maggio 1432 in quel paese bergamasco. Impresa che ebbe inizio nel 1723 per concludersi, dopo tante tappe di lavoro, nel 1804 con il campanile, il primo che si vede venendo da Piacenza.
La chiesa, collocata in Via Melchiorre Gioia allo sbocco di via Mazzini, si presenta con un’imponente ed elevata facciata barocca divisa i due parti orizzontali e caratterizzata da una bella entrata posta tra due colonne, quattro lesene e quattro nicchie.
All’interno, a destra, un roseto orna la cappella che ricorda l’apparizione con un dipinto di pregevole fattura. In sintonia con la Confraternita degli Agonizzanti, nella parete sinistra il quadro dell’agonia di San Giuseppe assistito da Maria e da Gesù, dove sono da notare gli arnesi del falegname e il bastone fiorito, simbolo di San Giuseppe: il giusto fiorirà come giglio (Sl. 41).
A destra fa da pendant il quadro dell’agonia di S. Andrea Avellino, colto da malore davanti all’altare preparato per la celebrazione della Messa. Da notare le pertinenti suppellettili liturgiche e inginocchiato il Vescovo Beato Paolo Burali e San Gaetano da Tiene. Paolo Burali fu il fondatore del Seminario Vescovile di Piacenza per il quale incaricò della Direzione Spirituale Andrea Avellino. A san Gaetano fu dedicato l’ospedale di Fiorenzuola per volontà della fondatrice Gaetana Moruzzi.
La chiesa ebbe l’onore di essere prima oratorio ducale e poi reale. Nel corso dell’800 fu usata anche per manifestazioni artistiche e nel dopo guerra anche come cinema. Nel novecento vi si celebrava la Messa nel mese di maggio, ogni sabato, nell’ottavario dei morti, per Sant’Andrea e il 26 maggio per l’anniversario dell’Apparizione. Molti restauri e migliorie a partire dal 1936- 37 per la generosità e l‘attaccamento di tanti benefattori, vedi da ultimo Adolfa Scarsella con la restauratrice Lucia Bravi.
Attualmente la chiesa è usata per il culto anche dagli ortodossi. In corso un progetto per il restauro della stupenda facciata.
DGV
Confraternita e Chiesa delle Buona Morte
600 anni di Attività Assistenziale
A metà della centrale via Liberazione si trova una antica e graziosa piccola chiesa conosciuta col nome di Oratorio della Buona Morte, come si legge nel frontespizio: “Sodalitatis Mortis Sacellum. Di recente è stato ultimato il restauro della bella facciata. Già nel 1200 esisteva questo tempio, adiacente all’Ospedale dei Pellegrini e quindi anche chiamato Oratorio dei pellegrini. Ma la chiesa fu fin dall’inizio legata alla devozione della Madonna e detta anche della Natività di Maria, o semplicemente di Santa Maria, o anche della Madonna del Carmelo. L’Oratorio era di proprietà della Confraternità della Buona Morte che era stata preceduta e poi accompagnata dai sodalizi penitenziali dei Disciplinati o dei Battuti o dei Flagellanti. La cura ed i servizi riguardavano i pellegrini, gli ammalati, i poveri, ma la Confraternita della Buona Morte aveva il suo specifico nell’assistenza ai moribondi, nelle preghiere di suffragio, nell’accompagnamento e sepoltura. La divisa dei confratelli era dapprima una cappa bianca a forma di sacco con cappuccio, poi di colore nero più adeguato al tipo di servizio (per maggiori notizie vedere studio di Nando Tribi).
Dopo seicento anni di vita e di servizio la Confraternita della Morte, a cui negli ultimi tempi era stato affidato anche la gestione del Legato Pallavicino, viene soppressa ed i suoi beni incamerati. Le idee illuministiche e le leggi napoleoniche fanno morire questa come le altre confraternite con finalità filantropiche per dare spazio ai servizi civili istituzionali. Va comunque riconosciuto il ruolo integrativo delle libere aggregazioni laicali, nella forma delle confraternite, nella vita pastorale della chiesa. Accanto ad una vita ecclesiale non sempre esemplare ai vertici la testimonianza evangelica e devozionale, di preghiera e di carità, dei fedeli che si associavano per aiutarsi ed aiutare a meritare già nel presente la vita eterna. Un precedente storico che nel nostro tempo di calo dei preti potrebbe essere di orientamento per riorganizzare i fedeli laici in comunità di servizio nella carità, nella liturgia, nella catechesi.
La Chiesa Santo Giovanni Battista Scalabrini
L’esigenza di una seconda chiesa a Fiorenzuola è nata non tanto per l’ingente popolazione, ma soprattutto a causa dello sviluppo residenziale unidirezionale, dovuto alla presenza delimitante della via Emilia e della linea ferroviaria Milano Bologna. E così verso sud, in piazzale Rino Cavalieri, è stata costruita negli anni 1996-98 la chiesa succursale dedicata al neo Santo Giovanni Battista Scalabrini, la prima nel mondo e il cui il modello di progetto in plastico fu benedetto in udienza giubilare dal papa divenuto santo Giovanni Paolo II. Il vescovo Luciano Monari ne ha benedetto nel 1996 la prima pietra e il 5 giugno 1999 ne ha presieduto il rito di consacrazione. Nell’aprile del 2005 dal 16 al 23 la chiesa ospitò l’urna con la salma del Santo Scalabrini. Il progetto e la direzione dei lavori sono del geometra Giovanni Canvelli con firma e verifica dell’architetto Mara Canvelli. I lavori sono stati eseguiti dalla Cooperativa Edile Val d’Arda. La chiesa è collocata all’interno di un complesso a forma di croce con ai due lati locali di abitazione per le Suore e il custode e nell’interrato ampio salone con agli spigoli ulteriori vani per il ministero pastorale.
La chiesa risulta molto funzionale ed è caratterizzata dall’originale configurazione del tetto di rame e dal mosaico veneziano del Cristo Risorto che domina l’abside.
Le decorazioni in mosaico sono di Dino Maccini e i simboli paleocristiani di contorno di Walter Portesi.
La Chiesa del Moronasco
A circa tre km da Fiorenzuola, al confine con il comune di Alseno, seguendo la Via Emilia in direzione Parma, sulla destra in località Moronasco si trova la chiesa, santuario mariano, della Natività della Beata Vergine Maria, un monumento molto interessante per la sua antica storia e per opere d’arte. Con buona probabilità all’origine c’era un tempietto pagano che nel quarto secolo fu trasformato in oratorio cristiano. Lo attesta una lapide paleocristiana rinvenuta incuneata nella chiesa risalente al V secolo con incisa l’iscrizione tombale che ricorda Luminosa, una giovane morta a 23 anni, lapide che dal 1935 si trova al Museo Civico di Piacenza. I monaci di Chiaravalle nel XIII secolo si presero cura della cappella e vi posero al centro un dipinto della Madonna. Il Capitolo della Collegiata di Fiorenzuola dal 1322 provvide alla nomina del rettore e del cappellano, più tardi anche l’autorizzazione alla presenza di un eremita.
L’assidua visita di devoti e di pellegrini – anche per il forte richiamo di una miracolosa immagine, un affresco con la Madonna in trono, conosciuta come Beata Vergine delle Grazie – portò ad un’abbondanza di offerte che permise nel 1665 all’Arciprete Salomoni di Fiorenzuola di trasformare la chiesa nell’attuale forma e di consacrarla nel 1667. I dipinti sono del cinquecento e per lo più dedicati alla Madonna. Dietro l’altare quello della Natività con cornice barocca e prezioso arredo e, ai lati sui parapetti, gli i dipinti dedicati agli altri Misteri Gaudiosi: Annunciazione, Maria ed Elisabetta, Presentazione di Gesù al Tempio, Ritrovamento tra i dottori. Altri dipinti: la Madonna venerata dai Santi, la Crocifissione, San Pietro e la sacra famiglia di Maria Bambina. Quest’ultima tela per la presenza, oltre che dei genitori della Vergine Gioacchino ed Anna con la loro bambina Maria, anche di un ragazza che li osserva con una mela in mano, come richiamo al Peccato Originale che troverà in Maria e attraverso Maria il suo superamento.
La raffigurazione della Madonna Bambina, festa liturgica celebrata in settembre come natività di Maria, farà nascere la tradizione di una bella e partecipata festa della Madonna del Moronasco a settembre con mercato, fiera e divertimenti.
La chiesa in stile barocco con volta a botte e dotata di due cantorie e di un pulpito, fu soppressa e requisita nel 1867 dalle leggi statali. Merito della famiglia Manfredi di averla, quando fu possibile, comprata e riaperta al culto. I monaci di Chiaravalle vi celebrano la messa settimanale. La chiesa è pertanto di proprietà privata.
La Nobile e Gloriosa Storia di Baselica Duce
La storia di questa frazione del comune di Fiorenzuola d’Arda è sorprendente per nobiltà laica e importanza ecclesiastica. Non deve trarre in inganno il nome che sembra collegare Baselica ai recenti, ma per fortuna passati, tempi della dittatura. La storia di Baselica Duce è più che millenaria ed il suo duplice nome, Basilica Ducis, lo deve alla derivazione romana di Basilica (sala d’incontro) e all’utilizzazione religiosa (sala di culto) e nobiliare e di governo di Ducis (del Duca). La chiesa risulta esistente già ai tempi dei Longobardi e di Carlo Magno, già nell’ottavo secolo ed era la chiesa di un monastero benedettino con una decina di monaci soggetti all’Abbazia di Castiglione Parmigiana, direttamente soggetta alla Santa Sede. La affidabile presenza dei benedettini convinse il Duca Ludovico Marchese prima nel 988, e il Duca Ugo Marchese dopo, nel 1033, a donare molti possedimenti (dall’Ongina al Po e fino a Scipione) al monastero, e cosi confermare l’aggiunta toponima Ducis, del Duca, donazioni che resero Baselica ancor più ricca di Fiorenzuola e di Castell’Arquato. Una curiosità: forse la liberalità munifica fu aiutata della imminente fine del mondo immaginata dai millenaristi, compreso il successivo 1033 (mille più gli anni di Cristo!). La fede dei monaci sul primato di Dio, per non dimenticare il vero Signore, la chiesa fu dedicata al Salvatore. Ma una chiesa doveva avere anche il legame con i martiri e in questo senso la ricerca di reliquie si concluse con quelle dei martiri Felice e Tranquillino, ottenute da Roma, titolarità definitiva della chiesa e della parrocchia.
La dipendenza dall’Abbazia di Castiglione finisce nel 1175 e subentrano dei preti secolari organizzati in canonicato fino al 1605 quando il Cardinale Francesco Sforza assegna il Convento di San Giovanni Battista e il Priorato di Baselica ai Monaci riformati di San Bernardo che subentrano agli Umiliati. Il Papa Paolo V con Bolla Pontificia dichiara Basilica Ducis soggetta alla Santa Sede Apostolica con molti privilegi ed esenzioni tributarie. Nei verbali si ricorda che il vescovo di Piacenza Monsignor Gregorio Cerati, in visita pastorale sabato e domenica alla parrocchia di Fiorenzuola, lunedì 20 luglio 1789 manda avanti a cavallo i visitatori pastorali a Baselica per e poi giungere lui stesso. L’Abate di San Giovanni reagisce protestando con il vescovo per il maldestro tentativo di ignorare la bolla papale che poneva Baselica “immediate subiecta Sanctae Sedi”, ammonendolo di non procedere alla visita di controllo alla parrocchia. I visitatori che intanto erano arrivati, con sicumera, a Baselica con fermezza furono bloccati, e nonostante le loro resistenze costretti a tornare mortificati a Fiorenzuola.
Nel 1805 il Governo Napoleonico sopprime il Convento di San Giovanni di Fiorenzuola e sopprime il Priorato di Baselica confiscando tutti i beni, meno la chiesa per l’esercizio del culto e della vita pastorale. L’edificio chiesa era stato distrutto dopo la partenza dei benedettini e poi ricostruito dai preti secolari. Dalla Guida Storico Artistica di Fiorenzuola, pag. 122 apprendiamo: “Per arrestare il cedimento della Torre, verso il secolo XVII la chiesa subì una radicale trasformazione: voltandone l’orientamento, fu innalzata una nuova facciata al posto delle absidi demolite”.
I principali documenti che contengono le informazioni sopra riportate vengono da un frate archivista del Convento di San Giovanni che nel 1668 ritrascrive la relazione storica, in latino, di Padre Rocca di Santa Maria Maddalena che era stato priore di Basilica Ducis. Chi desidera ampliare e meglio documentarsi sulla storia di Baselica Duce il riferimento principale è la relazione dello storico Angelo Carzaniga su San Fiorenzo di Fiorenzuola, Edizioni Tip.le.co, pp.283-326.
Oggi dobbiamo registrare l’ultimo cambiamento: dopo monaci, canonici, bernardini e preti diocesani la parrocchia di Baselica Duce ha salutato nel dicembre del 2016 il suo ultimo parroco Don Giovanni Capra per entrare nella nuova istituzione della Comunità Pastorale di Fiorenzuola.
DGV
La Parrocchia e la Chiesa dei Santi Protaso e Gervaso
Una bella chiesa la più ricca di pitture sacre
Continuando a descrivere la costituita Comunità Pastorale di Fiorenzuola – come abbiamo già fatto per Baselica – presentiamo a grandi linee la chiesa dei Santi Protaso e Gervaso. Si tratta di due martiri, fratelli gemelli milanesi, del IV secolo che testimoniano l’antichità della prima costruzione di cappella che secondo lo storico Campi risalirebbe ai tempi di Sant’Ambrogio, vescovo di Milano e amico di San Savino, vescovo di Piacenza, che nel che nel 386 seppellì le reliquie dei due martiri sotto l’altare della chiesa dove in futuro anche lui verrà sepolto. Da questo evento della vicina Milano e dalla regola di fondare le chiese sulla testimonianza di martiri con probabilità deriva questa scelta di dedicazione. Lo storico Poggiali invece preferisce parlare dell’esistenza della chiesa a partire dal XII secolo sulla base dei primi documenti che ne parlano esplicitamente. L’edificio chiesa ha certo subito molte trasformazioni fino all’ampliamento a tre navate del 1770 ed infine, tra il 1930 ed il 1947 le migliorie progettate e realizzate con l’architetto Luigi Dodi, cioè il rialzo di 10 metri del campanile, la nuova abside ed il nuovo altare. Ultimamente, nel 1959 il compimento della veste pittorica del bravo cremonese Mario Schiavi la raffigurazione dei quindici misteri del Rosario, dell’incoronazione della Madonna nell’abside e di Maria Vergine con San Protaso e San Gervaso nella lunetta della facciata.
Nella storia di San Protaso e dei suoi parroci facciamo memoria di un momento tragico: la morte di don Giovanni Gramelli il 29 luglio 1799 a seguito di una ferita da pugnale inferta da un soldato russo. Dopo la vittoria della battaglia del Trebbia sui francesi napoleonici truppe russe, nell’inseguimento dei soldati francesi in fuga, si accamparono a San Protaso saccheggiando il paese e uccidendo chi poneva resistenza. Gli abitanti di San Protaso eroicamente reagirono alla violenza e i sodati russi uccisi furono sepolti in quello che anche oggi è ricordato come “il campo dei russi” nei paraggi della Casa della Memoria.
(Le notizie sono prese dalla Guida Storica di Fiorenzuola (pag. 137) e dalla Scheda del Catalogo Diocesano)
Parrocchia di Santa Liberata e Faustina
Riomezzano
Dopo la presentazione di Baselica e di San Protaso, ora una presentazione di Riomezzano, terza parrocchia della nostra Comunità Pastorale dedicata a Santa Liberata e Faustina di cui si conservano le reliquie sotto l’altare. Erano due sorelle monache benedettine, ricordate e celebrate nel nuovo “Martyrologium Romanum”, al 19 gennaio. Secondo la più antica notizia Liberata e Faustina, di nobili origini, erano nate a Rocca d’Algisio (Pianello), nei primi decenni del secolo VI. Attratte dall’ideale ascetico, lasciarono i loro privilegi e si ritirarono in un romitorio presso Como, dove poi fondarono il monastero di S. Margherita. E qui vissero con umiltà e totale dedizione alla preghiera fino alla morte avvenuta, a poca distanza l’una dall’altra, verso il 580 in fama di grande santità. I loro corpi vennero dapprima sepolti nella loro chiesa monastica, ma in seguito furono oggetto di varie traslazioni e distribuzione di reliquie, di cui alcune si conservano nella chiesa di Rio Mezzano.
La chiesa nacque come oratorio voluto verso la fine del settecento dai nobili Bedei che lo dotarono di beneficio per la sua manutenzione e per il mantenimento del cappellano, una volta elevato a cappellania. Nel 1987 Riomezzano viene eretto parrocchia dedicata alle due sante sorelle. La chiesa è piccola ma graziosa, con spazio sacrestia, a forma rettangolare con le statue di santa Liberata e di sant’Antonio Abate. Completa di campanile in stile romanico e, adiacente la chiesa, un vano fatto costruire da Don Giuseppe Schiavi per l’accoglienza e per i servizi. L’area solitamente è chiamata Paullo che a sua volta comprende Palazzo, Barabasca, Riomezzano.
Non possiamo dimenticare a completamento due informazioni di carattere straordinario che danno risonanza alla recente storia di Riomezzano. La prima è che la chiesa era quotidianamente frequentata da Lisetta Volpi, morta nel 1928, a 25 anni in concetto di santità. Per celebrarla e ricordarla i familiari fecero costruire in parrocchia, poco lontano dalla sua chiesa, un sacello a forma di tempietto, molto bello. L’altra informazione legata alla parrocchia è che il Vescovo Monsignor Enrico Manfredini aveva progettato di costruire nell’ambito parrocchiale una chiesa per la gente di passaggio sull’autostrada. Infatti Riomezzano o Barabasca si trovano ai confini dell’Autostrada di Milano là dove incrocia quella di Cremona, che a sua volta incrocia quella di Genova, e dove è già in funzione un grande e frequentatissimo autogrill. Posizione molto indovinata per costruirvi una chiesa al servizio del culto domenicale dei viaggiatori.
DGV